Con la circolare 98/2025 , l’Inps ha fornito le istruzioni applicative sulla novità introdotta dalla legge 207/2024 (Bilancio 2025) in materia di indennità di disoccupazione, integrando le disposizioni di legge in via interpretativa.
Il chiarimento riguarda la modifica all’articolo 3 del decreto legislativo 22/2015, destinata a incidere in modo rilevante sull’accesso alla prestazione da parte di quelle persone che, dopo essersi dimessi da un rapporto di lavoro, perdono successivamente un secondo impiego.
Il principio di base resta quello per cui la Naspi spetta solo nei casi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro.
Quello che cambia è il requisito contributivo necessario per accedere alla prestazione, in un caso specifico: l’ipotesi in cui un lavoratore si dimetta volontariamente da un rapporto a tempo indeterminato (oppure vede scadere un rapporto a termine) e, nei dodici mesi successivi, perda un altro impiego per motivi estranei alla propria volontà.
Secondo la nuova disposizione, per ottenere la Naspi, il lavoratore deve aver maturato almeno tredici settimane di contribuzione tra la cessazione volontaria e quella involontaria (mentre in via ordinaria le 13 settimane devono essere maturate nei quattro anni precedenti la disoccupazione).
Si introduce, quindi, un requisito più stringente, allo scopo di evitare frodi e condotte opportunistiche.
La circolare chiarisce che il nuovo requisito si applica solo agli eventi di disoccupazione involontaria (quelli che determinano la perdita del secondo lavoro, per intenderci) avvenuti a partire dal 1° gennaio 2025 e solo se nei dodici mesi precedenti vi sia stata una cessazione volontaria da un rapporto a tempo indeterminato (o la scadenza di un rapporto a termine).
All’interno di questo perimetro, la circolare ricorda che il lavoratore dovrà dimostrare di aver lavorato e versato contributi per almeno tredici settimane nel periodo intercorrente tra i due eventi.
Ai fini del calcolo, rilevano le settimane retribuite con contribuzione piena, i contributi figurativi per maternità e congedi parentali in costanza di rapporto, i periodi di lavoro all’estero nei Paesi convenzionati e anche alcuni periodi di astensione per malattia dei figli.
La contribuzione agricola è anch’essa computabile, a condizione che vengano rispettati i parametri di equivalenza previsti.
La circolare dedica ampio spazio alle esclusioni.
Non rientrano nella nuova soglia le interruzioni dovute a dimissioni per giusta causa, che continuano a dare accesso pieno alla prestazione, anche quando siano motivate da un trasferimento aziendale privo di reali esigenze organizzative.
Sono escluse anche le dimissioni intervenute durante il periodo tutelato della maternità o paternità, così come le risoluzioni consensuali avvenute nell’ambito della procedura di conciliazione prevista dall’articolo 7 della legge 604/1966.
Inoltre resta fuori il caso del lavoratore che si sia dimesso a seguito del rifiuto verso un trasferimento a una sede distante oltre cinquanta chilometri dalla propria residenza o difficilmente raggiungibile con i mezzi pubblici: anche in questa circostanza, la risoluzione consensuale non comporta l’obbligo di rispettare il nuovo requisito delle tredici settimane.
Si tratta di un’estensione che la circolare individua per via interpretativa, in quanto la legge non la contempla espressamente.

Sarà nostra cura fornire tempestivamente ogni aggiornamento sul tema direttamente ai Clienti interessati.
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