Il regolamento aziendale è uno strumento di policy aziendale utile per codificare e divulgare alcune regole, anche comportamentali, esistenti in azienda, al di là degli ordinari doveri contrattuali e di legge. Tramite regolamento, il datore di lavoro definisce standard operativi specifici per il contesto organizzativo aziendale, adattando principi generali alle peculiarità della propria realtà imprenditoriale e della propria cultura aziendale.

Il regolamento aziendale rappresenta uno strumento normativo attraverso il quale il datore di lavoro disciplina l’organizzazione del lavoro e le condizioni di svolgimento dei rapporti di lavoro all’interno dell’azienda. Si tratta di un documento formale che delinea regole, procedure e comportamenti attesi dai dipendenti, contribuendo a creare un ambiente di lavoro più organizzato e trasparente.
Nel sistema delle fonti del diritto del lavoro, il regolamento aziendale si colloca in posizione subordinata rispetto alla legge e al contratto collettivo, pur assumendo comunque un ruolo significativo nella gestione dei rapporti di lavoro all’interno dell’impresa. Il regolamento non può, quindi, derogare in peius alle disposizioni di legge o alle previsioni contrattuali collettive.

Il regolamento come strumento di gestione di primo livello dei rapporti di lavoro

Il regolamento aziendale può intervenire in vari ambiti della vita aziendale, quale strumento di gestione operativa dei rapporti di lavoro.

Un’area in cui esso può svolgere un ruolo determinante nel definire un quadro operativo chiaro ed efficiente è rappresentata dalla gestione dei congedi familiari. Nel rispetto dei diritti fondamentali garantiti dal D.Lgs. 151/2001 (Testo Unico sulla maternità e paternità), il regolamento può delineare aspetti procedurali come le tempistiche di richiesta, la documentazione necessaria e le modalità di comunicazione tra dipendente ed azienda; può, inoltre, stabilire come gestire le sostituzioni durante i periodi di assenza, o ancora prevedere percorsi di supporto al rientro dopo congedi prolungati. Può, infine, regolamentare anche l’accesso ai congedi formativi previsti dall’art. 5 L. 53/2000.

Anche la pianificazione delle ferie e la gestione delle assenze rappresentano aspetti dell’organizzazione aziendale in cui il regolamento può introdurre criteri oggettivi e trasparenti, ad esempio stabilendo le priorità in caso di richieste concomitanti, prevedendo eventuali periodi di chiusura collettiva e chiarendo come gestire i residui di ferie degli anni precedenti.

Ancora, un ulteriore ambito in cui il regolamento svolge un ruolo cruciale attiene alla disciplina delle trasferte e delle missioni dei lavoratori, definendo un quadro normativo interno che integra la normativa di legge e le disposizioni del CCNL su vari aspetti sostanziali e procedurali.
Per quanto riguarda gli aspetti economici, il regolamento può ad esempio chiarire il sistema di rimborso adottato dall’azienda: se a piè di lista (con rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate) o forfettario (con indennità predeterminate), stabilendo limiti di spesa e i criteri di rendicontazione e documentazione.
Sul piano logistico, inoltre, esso può fornire indicazioni sui criteri di scelta dei mezzi di trasporto, privilegiando quelli più economici o più sostenibili a seconda delle policy aziendali, e sulle categorie di alloggio consentite, eventualmente differenziate in base al ruolo o alla durata della trasferta.

Smart working
La diffusione del lavoro agile (smart working) ha posto nuove sfide alla regolamentazione organizzativa e gestionale dei rapporti di lavoro, rendendo il regolamento aziendale uno strumento molto utile per meglio definire diritti e obblighi in questo contesto innovativo.

Il lavoro agile, disciplinato dalla L. 81/2017 (artt. 18-24), è una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici”.
La definizione sottolinea la centralità dell’accordo individuale, quale fonte primaria di regolamentazione dello smart working.
Ciononostante, nella prassi aziendale il regolamento interno assume un ruolo complementare fondamentale per standardizzare le condizioni di accesso e svolgimento del lavoro agile, definendo, ad esempio: i criteri di eleggibilità, le modalità di presentazione delle richieste e di approvazione, la durata, le modalità organizzative, le fasce di reperibilità e di disconnessione (nel rispetto del dettato di legge).

Welfare aziendale

Il welfare aziendale rappresenta oggi una componente strategica delle politiche retributive e di gestione del personale. Si tratta dell’insieme delle iniziative datoriali volte a incrementare il benessere del lavoratore attraverso una diversa ripartizione della retribuzione, che può concretizzarsi in benefit monetari, servizi o rimborsi, per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, da riconoscere alla generalità dei dipendenti e/o per categorie omogenee di questi (cfr. art. 51, TUIR, come modificato a partire dalla L. 208/2015).

In questo contesto, il regolamento aziendale emerge come lo strumento privilegiato attraverso il quale il datore di lavoro definisce e disciplina il proprio piano di welfare.
È noto, infatti, che l’offerta o erogazione dei servizi di welfare aziendale può essere posta dal datore di lavoro in conformità a disposizioni di contratto collettivo aziendale, regolamento aziendale, o anche solo volontariamente.
Tuttavia, se il datore di lavoro decide di erogare volontariamente prestazioni di welfare, il valore di spesa potrà essere dedotto esclusivamente entro i limiti del 5 per mille del costo del lavoro complessivo d’impresa (art. 100, c. 1, TUIR). Se invece il datore di lavoro si obbliga a corrispondere dette somme o beni e servizi, mediante contratto collettivo aziendale o regolamento aziendale, i limiti di cui al l’art. 100, c. 1, cit. non si applicano; il servizio welfare ha infatti natura obbligatoria e non volontaria e, pertanto (ai sensi dell’art. 95 TUIR), le relative spese sostenute dall’imprenditore possono essere dedotte per l’intero dal reddito d’impresa.

Il sistema più semplice e diretto per l’attuazione del welfare è proprio il regolamento aziendale, non occorrendo negoziazioni e/o confronti con il sindacato o con i lavoratori, in quanto si esprime come una iniziativa unilaterale che rimane nella facoltà del datore di lavoro. Tuttavia, per poter essere equiparato ad un accordo sindacale il regolamento aziendale dovrà essere vincolante per il datore di lavoro per un certo periodo, atteso che, se non lo fosse, verrebbero meno i benefici della deducibilità delle misure di welfare stabilite.

Codice etico e whistleblowing

Il regolamento aziendale può incorporare o richiamare un codice etico, definendo principi valoriali e comportamentali che trascendono i meri obblighi contrattuali. Questa dimensione etica ha acquisito particolare rilevanza in seguito all’introduzione del D.Lgs. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti (imprese, società, associazioni), che ha stimolato le aziende a dotarsi di strumenti di autoregolamentazione volti a prevenire comportamenti illeciti e a promuovere una cultura aziendale basata su valori condivisi.
Il codice etico integrato nel regolamento aziendale può, così, includere valori fondamentali e condivisi come l’integrità, la trasparenza e il rispetto reciproco, che costituiscono la base valoriale dell’organizzazione; o affrontare tematiche specifiche come la gestione dei conflitti di interesse, la tutela della riservatezza, la prevenzione della corruzione, e definisce standard comportamentali nelle relazioni con i vari stakeholder: clienti, fornitori, istituzioni e comunità locale.

Ciò che rende particolarmente interessante il codice etico dal punto di vista giuridico è la sua potenziale efficacia contrattuale.
Quando richiamato dal regolamento aziendale e adeguatamente pubblicizzato, il codice etico può assumere valenza vincolante che permette di sanzionare disciplinarmente comportamenti non conformi ai valori aziendali, anche quando questi non costituiscano direttamente inadempimenti degli obblighi lavorativi in senso stretto.

Potere disciplinare

La funzione disciplinare del regolamento aziendale configura un aspetto gestionale di particolare rilevanza. L’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni e alle procedure di contestazione devono essere portate a conoscenza dei lavoratori.
Questa disposizione identifica il c.d. codice disciplinare come strumento essenziale per l’esercizio del potere sanzionatorio del datore di lavoro, garantendo al contempo il diritto del lavoratore alla preventiva conoscenza delle condotte vietate e delle relative conseguenze.
In questo senso, il regolamento aziendale può contenere il codice disciplinare, ed è anzi consigliabile che lo contenga. Mentre quest’ultimo, infatti, riporta l’elenco dei comportamenti vietati, e, in corrispondenza di essi, sono anche stabilite le sanzioni disciplinari (richiamo, multa, sospensione e licenziamento) in caso di loro violazione; il regolamento può servire a meglio specificare e declinare talune condotte vietate e a ricondurle ad un preciso schema sanzionatorio.

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